Secondo l’ultimo rapporto Eurostat, in Italia più di 8 docenti su 10 sono donne. Come mai un numero tanto alto? L’insegnante è forse una professione “da donna”?
Insegnanti in Italia: 8 su 10 sono donne
Dal più recente rapporto Eurostat è emerso che in Europa l’Italia è tra i Paesi con più insegnanti donne, classificandosi dopo solo nazioni, per lo più, ex sovietiche: Lettonia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Ungheria, Islanda e Slovenia.
Risulta che più di 8 docenti su 10 (circa l’83,2%) sono proprio donne. Si tratta di un numero altissimo rispetto a vent’anni fa, che corrispondeva circa al 79%. Non ci riferiamo solo alla scuola dell’infanzia e alla primaria, ma anche alla secondaria di primo e secondo grado, che prevedono circa il 70% di professoresse. Cifre assolutamente notevoli, se si pensa che nei primi anni 2000 le professoresse delle medie corrispondevano al 74% e al 61% negli anni ’60, mentre quelle delle superiori sono passate dal 48% di cinquant’anni fa al 67% odierno.
Come mai questo aumento? Che cos’è successo in queste cinque decadi per cambiare così tanto il genere del corpo docenti della scuola italiana?
L’insegnante è sempre stato un “mestiere femminile”?
Oggi, quando si pensa all’insegnante, di solito si tende automaticamente a visualizzare nella propria mente una donna, la classica “maestra” o “professoressa”. Ma è effettivamente stato sempre così? In realtà no.
Non dobbiamo dimenticarci che per secoli e secoli le donne sono state escluse dall’istruzione. I pochi figli di famiglie abbienti che potevano permettersi un’educazione scolastica erano maschi, che a loro volta venivano seguiti da insegnanti maschi, i cosiddetti precettori.
Era raro che una donna potesse diventare un’insegnante, proprio perché le donne erano le prime a essere escluse dall’educazione ad alti livelli. Ne avevano accesso prettamente libero, di solito, le donne appartenenti alla Chiesa: spesso votare la propria vita alla religione era l’unica soluzione per studiare.
Le cose sono poi iniziate a cambiare nell’età moderna con i primi processi di emancipazione e con la nascita delle scuole pubbliche, aperte a maschi e femmine. A questo punto, trovare un docente donna alle elementari o alle medie non era poi così strano. Non si poteva dire la stessa cosa per le superiori e le università, dove in Italia l’accesso fu consentito alle donne solo nel 1874. Molte iscrizioni, tuttavia, continuarono a essere respinte: basti pensare alle difficoltà che ebbe Maria Montessori per studiare Medicina.
Nel 1900, in Italia risultavano iscritte all’università 250 donne, ai licei 287, alle scuole di magistero superiore 267, ai ginnasi 1178 e alle scuole professionali e commerciali quasi diecimila.
La situazione oggi: sempre più donne scelgono l’insegnamento
Secondo Repubblica, questa presenza così forte di docenti donne dipenderebbe da una questione di genere e di stereotipo.
Quella dell’insegnante, grazie agli orari flessibili e la possibilità di lavorare per metà giornata da casa, rappresenta una buona soluzione per una madre lavoratrice, mentre le differenze di salari tra uomini e donne (e in generale i salari bassi) non attirerebbero più il genere maschile. A tutto ciò occorre anche aggiungere la svalutazione generale e sociale che la figura del docente ha ottenuto nel corso degli ultimi cinquant’anni.
La maggior parte delle docenti donne, inoltre, insegna materie umanistiche e quella dell’insegnamento, si sa, è uno sbocco naturale per questo tipo di lauree, anche quando non rappresenta il piano A di molte persone. Per quanto stiano aumentando le ragazze che decidono di studiare materie scientifiche, rimane ancora molto alto il gap con quelle che preferiscono le facoltà umanistiche. Molte di queste giovani, inoltre, ammettono di farlo proprio per una questione di genere.
E per quanto riguarda l’università?
Questa stima vale anche per i docenti universitari? No, anzi, qui la situazione si ribalta. Tra i docenti ordinari (che di per sé è già una cifra molto bassa, 19,6%), in Italia le donne corrispondono solo al 35%.
Con il tempo, tuttavia, bisogna ammettere che anche il numero delle docenti universitarie sta tendendo ad aumentare. Nel 2000 gli uomini ricoprivano il 71% delle posizioni, nel 2010 il 65% e nel 2020 il 61%. Le professoresse ordinarie nel 2000 erano solo il 13%, il 20% nel 2010, il 25% nel 2020, per poi salire al 35% nel 2021. Si noti, inoltre, che questi dati valgono anche per le facoltà umanistiche, anche se sono per la maggior parte ancora frequentate da donne.
Sembra che le donne abbiano difficoltà nell’imporsi nel rigido mondo accademico, che rimane ancora prettamente maschile.
Conclusioni
Interpretare questi dati non è semplice. L’insegnamento sarebbe, quindi, una professione da donne solo fino a un certo punto? Sembrerebbe, infatti, che quando entrano in gioco i livelli di istruzioni più alti, gli uomini tornino prepotentemente nel mondo dell’education.
Che cosa ne pensate? Discutiamone insieme!
Penso lo sappiate ma il primo stipendio di un insegnante laureato è di 1300 euro per cui i maschi che lavorano nella scuola hanno quasi tutti un secondo lavoro a meno che non siano scapoli od abitino in zone del sud dove la vita costa meno. Le donne invece accettano perché pensano di crescere i figli col lavoro a mezza giornata ma devono avere un marito che abbia un lavoro meglio retribuito, spesso di buona famiglia altrimenti fanno una vita sull’orlo della povertà…..questa è la mia esperienza…..