Il 17 febbraio ricorre il centenario della nascita di Mario Lodi, un personaggio conosciutissimo nel mondo dell’education: abbiamo deciso di dedicare a lui il nuovo episodio Così si fa la scuola.
Il docente è stato uno dei più famosi del secolo scorso, ma conoscete le importanti novità che introdusse nel sistema scolastico italiano? A lui si deve una fortissima attenzione nella pedagogia e nello sviluppo creativo del bambino.
Gli inizi: il grande “no”
Mario Lodi nacque a Piadena, in provincia di Cremona, nel 1922 e quindi visse appieno la Seconda guerra mondiale. Già da studente si oppose fermamente alla manifestazioni fasciste e ai movimenti che spingevano l’Italia a entrare in un nuovo conflitto.
Continuò sempre a opporsi anche durante gli anni della guerra e finì in carcere diverse volte. Iniziò così a valutare l’idea di democrazia e quanto fosse importante formare una società nuova, con individui pensanti e difficili da manipolare come era accaduto durante la dittatura. Capì che questo poteva essere possibile solo se la persona riceveva la giusta educazione sin dalla più tenera età. Da qui l’idea nacque di formare una scuola nuova.
Un nuovo metodo pedagogico
Nel 1948 finalmente Mario Lodi divenne maestro di ruolo in una piccola scuola elementare di provincia, ma presto si rese conto che gli studi che aveva fatto non erano né adatti né sufficienti a questa professione. Sognava, infatti, di trovare il giusto modo che spingesse i bambini a esprimere le proprie idee e la propria creatività e così iniziò un periodo di ricerca.
Questo lo portò a conoscere il Movimento di Cooperazione Educativa, al quale aderiranno poi importanti figure italiane del campo dell’insegnamento. Uno di questi, per esempio, è Fiorenzo Alfieri, che divenne una personalità importantissima di Torino, dove si batté affinché tutti i ragazzi avessero le stesse opportunità, a prescindere dal ceto sociale.
Ma che cosa prevedeva il Movimento di Cooperazione Educativa? Si ispirava dagli studi del pedagogista francese Célestin Frainet e metteva al centro lo sviluppo individuale dell’alunno. Le lezioni ruotavano attraverso metodi davvero innovativi per l’epoca: il testo libero, il calcolo vivente, le attività espressive, la ricerca sul campo, la corrispondenza interscolastica, la stampa a scuola e la scrittura individuale di storie e di veri e propri libri.
Anche Mario Lodi divenne uno scrittore: insieme ai suoi studenti nel 1972 scrisse Cipì, la storia di un passerotto che si ribella alla sua famiglia per scoprire il mondo. Si sviluppa così un’attività di scrittura e lettura collaborativa, quelle che oggi sono conosciute come story telling e social writing. Queste attività sono fondamentali per allenare la logica e la creatività del bambino e ci sono diversi modi e strumenti per farlo oggi: ne avevamo già parlato qui.
L’eredità di Mario Lodi
Mario Lodi continuò a fare ricerca e a insegnare per tutta la vita, sempre premurandosi di aggiornarsi e diffondere il suo metodo d’insegnamento. Per questo ben presto divenne un punto di riferimento per tutti i docenti italiani, che andavano ad ascoltarlo a incontri e conferenze.
Continuò la sua attività anche dopo essere andato in pensione nel 1978, sempre ricercando nuovi modi per spingere i bambini a esprimere se stessi. Questo portò a enormi risultati, come per esempio a Il giornale dei bambini: un vero e proprio giornale interamente scritto e illustrato dai bambini, che, in quanto cittadini hanno il diritto costituzionale di esprimersi e di comunicare.
Mario Lodi ha continuato su questa strada fino alla fine: il suo ultimo libro risale al 2006, Il pensiero di Brio.
Conoscevate la storia e l’importanza di Mario Lodi nel mondo della scuola? Avete mai provato a portare in classe una delle sue attività creative?