Siamo quasi alla conclusione di Così si fa la scuola, la nostra rubrica dedicata ai grandi personaggi del mondo dell’insegnamento. Questo numero è dedicato a Don Lorenzo Milani, una figura che ha contribuito a rivoluzionare il sistema scolastico. È stato un sacerdote e un insegnante, ma ha dato ai suoi studenti un’educazione laica e libera, che spesso entrava in conflitto con la morale cattolica.
Oggi è l’anniversario della sua nascita e noi gli dedichiamo questo articolo.
La giovinezza
Lorenzo Milani nacque il 27 maggio 1923 a Firenze, in una numerosa famiglia borghese. I primi anni della sua infanzia trascorsero serenamente e nel 1930 si trasferì a Milano a causa della crisi economica. Nonostante la madre Alice Weiss avesse origini ebraiche, riuscirono tutti a scampare alle deportazioni e agli orrori del nazismo grazie a una preventiva conversione cattolica.
Lorenzo Milani era un ragazzo brillante, ma poco incline allo studio scolastico: per questo, dopo essersi diplomato al liceo classico, decise di non proseguire con l’università. Scoprì, tuttavia, la sua grande passione per la pittura e si iscrisse all’Accademia di Brera.
Da pittore a sacerdote: “Ho letto la messa. Ma sai che è più interessante di Sei personaggi in cerca d’autore?”
All’accademia, Lorenzo Milani trascorse degli anni relativamente sereni nonostante la Seconda guerra mondiale fosse ancora in corso. Si innamorò più volte e studiò con alcuni dei più importanti pittori del periodo. Nel 1943 fu costretto a tornare a Firenze.
Aveva ricevuto un’educazione cattolica, ma comunque non era mai stata una persona particolarmente religiosa. Le circostanze della sua conversione sono ancora poco chiare: già nel 1942 aveva rivelato all’amica Tiziana Fantini, con cui studiava insieme a Brera, la sua volontà di farsi prete, mentre sempre nello stesso anno, mentre affrescava una cappella, aveva letto un messale e se n’era appassionato. Sono rimaste famose le parole che rivolse all’amico e scrittore Oreste Del Buono: “Ho letto la messa. Ma sai che è più interessante di Sei personaggi in cerca d’autore?”.
Nel 1943 entrò in seminario e nel 1947 fu ordinato sacerdote.
La scuola di Barbiana
Nel 1954 la Curia fiorentina lo mandò a Barbiana, una minuscola frazione del comune di Vicchio, in Mugello, nel tentativo di isolarlo. L’ecclesia, infatti, non apprezzava il suo modo di fare troppo schietto e troppo vicino agli emarginati, non in linea con la Chiesa di Firenze, all’epoca poco incline a seguire gli ideali cristiani di sacrificio e umiltà.
Lo scenario che gli si presentò davanti fu uno dei più desolanti. La povertà e la malavita regnavano nel piccolissimo paese e molti bambini e ragazzini erano lasciati a se stessi. Il parroco, allora, decise di istituire una scuola a tempo pieno, così da tenere impegnati i piccoli studenti e impedire che prendessero le strade sbagliate.
La scuola di Barbiana si basava sulla collettività, rimaneva aperta tutto l’anno ed era molto alternativa per l’epoca. Durante la bella stagione, le lezioni si tenevano all’aperto e vigeva un’unica regola fondamentale: “chi è più esperto aiuta chi ha bisogno”.
Le critiche
Per il suo anticonformismo, presto questa scuola ricevette parecchie critiche. Lorenzo Milani rifiutava le punizioni corporali (ancora ammesse e tollerate alla scuola pubblica) e sosteneva l’idea di un “professore amico“, in netta contrapposizione con l’immagine austera e irraggiungibile del docente di quei tempi.
Allo stesso tempo, respingeva l’idea del servizio militare obbligatorio (per questo fu anche processato e poi assolto) e i suoi scritti innescarono aspre polemiche tra la Chiesa Cattolica, gli intellettuali e i politici dell’epoca.
Per esempio, nel 1958 il Sant’Uffizio impedì la stampa e la diffusione della sua opera Esperienze pastorali e questo decreto fu ritirato solo nel 2014, oltre cinquant’anni dopo.
Lettera a una professoressa
Nel 1967 Lorenzo Milani insieme ai suoi alunni scrisse una lettera di denuncia (che fu pubblicata solo un mese dopo la sua morte) verso il sistema scolastico italiano, che garantiva un’educazione adeguata solo alle classi sociali più abbienti.
Lo slogan con cui divenne celebre Lettera a una professoressa (potete ascoltare gratuitamente l’audiolibro qui) fu “I care” (fu di Milani l’idea di usare l’inglese), in contrapposizione al fascista “Me ne frego“, che era risuonato fino alla nausea negli anni della dittatura. La lettera divenne il testo di riferimento del Movimento studentesco del ’68.
Don Lorenzo Milani non riuscì a vedere la rivoluzione perché morì nel 1967 a causa di un linfoma di Hodgkin. Oggi la sua figura è ancora famosissima, e negli anni ha ricevuto critiche e analisi differenti.
Voi che cosa ne pensate?