Avevamo già parlato degli hikikomori in un precedente articolo, quando abbiamo intervistato Elena Carolei, presidente dell’associazione Hikikomori Italia Genitori Onlus.
Il fenomeno si sta diffondendo anche in Italia. Dopo la pandemia, si è registrata un’impennata dei casi, oltre 100mila ad oggi.
Molti sono studenti adolescenti che sperimentano un periodo di crisi esistenziale che li induce a edificare un muro invisibile tra loro stessi e il mondo circostante.
I genitori faticano a gestire la situazione, alcuni rinunciano ad aiutarli aspettando che prendano la decisione autonoma di uscire di casa nuovamente. Questo non per incapacità oggettiva, ma per la mancanza di conoscenze adeguate sull’argomento.
Ancora una volta, la scuola può svolgere un ruolo decisivo per aiutare gli hikikomori a guardare la vita che sta al di là della porta di casa sotto una nuova luce.
In questo articolo vedremo chi sono gli hikikomori, le caratteristiche comuni e in che modo docenti e presidi possono intervenire per fornire loro aiuto.
Chi sono gli Hikikomori, una definizione generale
La traduzione letterale di questo termine giapponese significa “stare in disparte” e si riferisce a quelle persone che, specialmente in età adolescenziale, decidono volontariamente di erigere una barriera tra sé e la vita sociale.
Il periodo di isolamento può durare alcuni mesi o addirittura anni, interrompendo ogni tipo di rapporto con la realtà esterna, spesso anche con i propri genitori.
Il fenomeno colpisce una fascia molto ampia, che va dai 14 ai 30 anni, in certi casi anche gli over 40. Gli hikikomori sono prevalentemente di sesso maschile, con una percentuale di donne che va progressivamente aumentando.
Alcune caratteristiche comuni
Premesso che ogni caso va analizzato e risolto in modo diverso, è possibile tracciare un identikit delle caratteristiche personali e delle cause.
- Gli hikikomori sono ragazzi dalla forte intelligenza e sensibilità. Sono molto timidi, e questo costituisce un ostacolo alla socialità.
- Spesso, ciò che incide profondamente, soprattutto nella civiltà giapponese, è l’anafettività del padre e un rapporto morboso con la madre. Sono gli estremi opposti di relazioni familiari complicate.
- Molti hikikomori sono vittime di bullismo. La scuola non è un luogo sicuro ma minaccioso, e a volte il primo campanello d’allarme si manifesta quando questi ragazzi non vogliono più andarci.
- Le richieste di essere sempre performanti e ottenere risultati eccellenti sono sollecitazioni schiaccianti che producono un effetto opposto.
Il caso del Giappone
L’origine degli hikikomori ha inizio in Giappone, a circa metà degli anni Ottanta. Ha conosciuto una crescita esponenziale nel decennio successivo, tanto da essere trattato già come un fenomeno da studiare a partire dal Nuovo Millennio.
Come mai è cominciato proprio nel territorio nipponico? Principalmente, è legato alle grandi aspettative riposte nei giovani. Infatti, nella società giapponese la pressione sociale che i genitori esercitano sui figli è fortissima.
Sottoposti ad una rigida disciplina, la vita di un adolescente sembra basarsi unicamente sull’impegno, a scuola come anche nelle attività ricreative. Ad esempio, imparare a suonare uno strumento musicale deve essere, nella mentalità locale, finalizzata sempre a uno scopo, magari diventare il primo violino della filarmonica di Tokyo, nei desideri inconfessabili dei padri.
La performance, quindi, non conosce sosta. Da non trascurare poi, la cultura del Giappone, che è incentrata su un senso di comunità molto più compatto rispetto alla nostra. Come conseguenza di ciò, sfera privata e pubblica non sono distinte in modo netto.
Rifugiarsi nella propria stanza è, quindi, un modo di ribellione passiva rispetto a tutto quanto appena detto. È stato osservato che i soggetti maggiormente inclini a una vita ritirata sono stati stravolti da fattori psicologici come ansia e depressione, i rapporti difficili con i propri genitori, e una personalità introversa.
Questi stati d’animo possono prolungarsi nella fase dell’isolamento, con la tecnologia come unica finestra sul mondo.
Il rapporto con la tecnologia
Introduciamo adesso un’altra grande questione aperta circa il grado di relazione tra abuso di tecnologia e fenomeno degli hikikomori.
Solitamente si attribuisce ai media la responsabilità di portare i giovani a ingabbiarsi in una realtà virtuale che li priva delle opportunità presenti nel contesto reale.
Questa accusa ha un fondamento di verità, anche se non è la ragione principale. Come già detto, il fenomeno degli hikikomori appartiene a un’epoca poco digitale, senza computer e banda larga installati nelle camerette dei ragazzi. Segno evidente di come la causa prima del rifiuto della socialità sia ascrivibile alle martellanti richieste che arrivano dal sistema sociale.
Tuttavia, è indiscutibile che l’utilizzo di videogiochi, web e social network possono ammorbidire una reclusione che, in assenza di questi, sarebbe molto più pesante da sopportare. Alla fine, il ragazzo hikikomori costruisce un’area di comfort in cui non perde del tutto il contatto con la realtà, ma la segue rimanendo a una distanza di sicurezza per lui accettabile.
Verrebbe a questo punto da porsi una domanda complessa, e cioè se il digitale sia o meno uno strumento compensativo.
Se desideri esprimere una tuo opinione in merito, puoi farlo nei commenti.
In Italia
Nel nostro Paese il fenomeno degli hikikomori è approdato molto tempo dopo, e la risonanza mediatica è molto più bassa. Nonostante ciò, esiste un’associazione nazionale, Hikikomori Italia, fondata dallo psicologo Marco Crepaldi, che rappresenta un faro di riferimento per coloro che stanno vivendo questa condizione.
Inoltre, è anche un portale in grado di marcare delle differenze sostanziali tra quello che è avvenuto in Giappone e le peculiarità italiane.
Anzitutto, mentre per il Paese del Sol Levante l’isolamento volontario riguarda principalmente i maschi primigeni, che rappresentano l’orgoglio della famiglia, colui che porterà alto il loro nome. Alle femmine è riservato un ruolo diverso, e spesso non lasciano la casa natale prima del matrimonio. Qui il fattore culturale è decisivo.
Per quanto riguarda l’Italia, è innegabile che la competizione e il desiderio di veder i propri figli realizzati siano fonte di ansia e insicurezza in molti ragazzi.
Oltre a ciò, la crisi economica, l’incertezza del futuro, o per contro la certezza che non riserverà grandi soddisfazioni a causa di fattori esterni, il progressivo distacco da ideologie e orientamenti religiosi gettano molti ragazzi in uno stato di ansia permanente. Alcuni prendono di petto il problema e accettano le regole del gioco buttandosi nella mischia, altri più timorosi si muovono a mosca cieca, altri ancora decidono di chiudere la porta e lasciarsi questo mondo pieno di preoccupazioni alle spalle.
Un’altra importante differenza sta nel fatto che, a differenza dei coetanei giapponesi, gli italiani conservino un minimo di rapporto con i familiari. Anche in questo caso si tratta di una diversità culturale, in quanto i genitori nostrani sono ancora, nella maggior parte dei casi, delle figure di supporto di questa difficile fase evolutiva. Invece, per gli hikikomori giapponesi, la scelta di trincerarsi nella propria camera è un atto di ribellione rivolto in primis proprio al padre e alla madre.
Cosa può fare la scuola per gli hikikomori?
Come dicevamo, l’ambiente scolastico è il primo luogo che gli hikikomori evitano, per non incappare in situazioni sociali in cui si sentirebbero a disagio.
A questo è la stessa scuola che può porre rimedio, attivando tutti quei servizi che è in grado di offrire e ponendosi come interlocutore possibile, insieme a i genitori. Vediamo in che modo è possibile.
Studio del fenomeno
Il primo passo è approfondire il tema, cercando di comprendere le dinamiche e i fattori scatenanti che hanno portato il ragazzo o la ragazza a ritirarsi dalla vita sociale.
L’aiuto di un esperto
Quasi tutte le strutture educative hanno aperto uno sportello psicologico per fornire supporto agli studenti che attraversano situazioni complicate. La figura dello psicologo può essere un ponte che collega gli hikikomori con i familiari e la società.
Anche in questo caso l’associazione Hikikomori Italia svolge un prezioso lavoro di divulgazione, di seguito riportiamo un video di Marco Crepaldi che spiega perché gli hikikomori rifiutano la scuola.
Il tempo necessario
Non avere fretta di far tornare l’hikikomori a scuola: il processo di rientro nella società sarà lento e graduale. Se poi è la scuola la ragione principale dell’isolamento volontario, ci vorrà ancora più tempo.
Una posizione netta
Nei casi di bullismo, prendi subito le parti della vittima offesa. Gli hikikomori pensano che la vita fuori di casa sia un luogo dominato da persone arroganti. Difendere fermamente le sue ragioni lo farà sentire meno solo.
Considerare lo studio a distanza
Non va inteso in sostituzione della didattica a scuola, ma può essere un’alternativa utile per la fase di transizione che accompagnerà gli hikikomori. In più, introdurrà la stessa routine rispettata dalla sua scuola, spezzando quella tutta personale che si sono costruiti nei lunghi periodi di auto-segregazione.
Abbiamo visto in questo articolo i tratti comuni degli hikikomori e le risorse di cui la scuola dispone per intervenire. Nella tua scuola ci sono stati fenomeni simili? Se sì, il tuo istituto ha partecipato attivamente per recuperare i ragazzi barricatisi in casa? Raccontaci la tua esperienza nei commenti.