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La scuola porta con sé dalla nascita una missione educativa e formativa e, come ogni corpo vivo, cioè composto da esseri viventi, ha bisogno di crescere e di rigenerarsi in dialogo costante con l’ambiente che lo circonda.

Qual è l’obiettivo di crescita che oggi si pone la scuola? Se, fino a qualche decennio fa, era sufficiente raggiungere una alfabetizzazione di base, oggi qual è il suo scopo?

idee per insegnare

La tensione trasformativa della scuola

È generalmente condiviso l’obiettivo del raggiungimento di una certificazione secondaria superiore, che ormai è diventato un requisito di cittadinanza. Quindi, alla fine del percorso scolastico superiore, ogni studente dovrebbe almeno aver raggiunto i saperi essenziali propri di ogni disciplina, dettagliati per conoscenze, capacità e competenze.

A questi, però, poi si aggiungono: le competenze chiave indicate dall’Unione Europea, che riguardano anche le sfere personali, di cittadinanza, imprenditoriali, ecc., e le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola, che chiamano la scuola ad affiancare al compito “dell’insegnare ad apprendere” quello “dell’insegnare a essere”, valorizzando l’unicità e la singolarità dell’identità culturale di ogni studente.

Caspita, l’asticella si è alzata di un bel pezzo! Quindi, come si sono trasformati i processi che la scuola utilizza per raggiungere questi nuovi obiettivi? Restano sempre quelli dell’alfabetizzazione o sono cambiati? Certo, il sistema istituzionale entro cui è inserita la scuola, risultati alla mano, è davvero povero.

Secondo quanto raccolto dall’Osservatorio sulla povertà educativa in Italia, aggiornato a luglio 2021, la dispersione scolastica è di due tipi: quella esplicita (l’abbandono precoce degli studi vero e proprio) e quella – spesso sottovalutata – implicita.

Ci si riferisce in questo secondo caso a chi, pur completando il percorso di istruzione, non raggiunge un livello di competenze adeguato ad entrare nella vita adulta. Se includiamo quest’ultimo tipo di competenze nel quadro generale, scopriamo che quasi 1 giovane su 4 ha lasciato la scuola, oppure si è diplomato senza adeguate competenze. In pratica, su 24 alunni che un insegnante ha di fronte in aula, 6 mancano l’obiettivo!

Per dare uno sguardo ancora più ampio: su circa 10,3 milioni di bambini e adolescenti in Italia nel 2023, ci sono più di 2,5 milioni di minori con cui la scuola non ha raggiunto i suoi obiettivi. Se leggiamo i dati, sembra che la scuola stia perdendo la sua tensione trasformativa.

È pur vero che a creare il triste dipinto possono essere ricondotte varie cause, ma in questa sede vogliamo scommettere su chi può agire per trasformare il quadro; il cambiamento può avvenire sia dal basso che dall’alto, quindi nessuno può esimersi dalla responsabilità.

Allora, come migliorare la scuola? Come trasformarla?

 

alunni scuola

 

Il desiderio di imparare

Dal momento che una parte di scuola si impegna molto affinché i propri alunni imparino, animata dal grande desiderio di consegnare l’amore per l’apprendimento, potrebbe, partendo proprio dai suoi punti forti, provare a pensare fuori dagli schemi.

Per pensare oltre gli schemi, vanno innanzitutto smascherati questi ultimi. C’è infatti una subcultura scolastica di cui liberarsi, vecchi modelli mentali da scrollarsi di dosso, per abbracciare la possibilità di migliorare.

Quindi: come pensano gli insegnanti all’intelligenza degli alunni? In che modo questi pensieri influenzano il loro modo di insegnare?

Sulle capacità e modalità di apprendimento del nostro cervello, ci sono da una parte le teorie scientifiche e dall’altra le credenze personali. Credenze e conoscenze sono due ambiti della sfera cognitiva molto differenti, ma troppo spesso vengono confusi tra di loro creando veri e propri bias cognitivi. Purtroppo, le credenze hanno le loro influenze e tendono a non essere indagate determinando in modo subdolo e preciso le conseguenti azioni che si intraprendono.

Eccone alcune:

“Questo è un ramo storto e va raddrizzato con qualche bel 4 in pagella!”

“La frustrazione del giudizio è l’unica arma educativa!”

“I bambini che fanno troppe domande, danno fastidio.”

“Il bravo alunno, quello che impara, è quello che sta seduto, fermo e zitto, ad ascoltare per otto ore al giorno.” (o, almeno, a far finta di ascoltare)

“La quantità di informazioni che si trasmettono, sono molti più importanti del processo.”

Tutti questi falsi miti, smentiti dalle più recenti ricerche scientifiche sulle modalità di apprendimento del cervello umano, abitano ancora troppe menti. Purtroppo, infatti, quando qualche componente del corpo scolastico prova a mostrare qualche altra via, ancora troppo spesso, tutte le altre cellule si ribellano, come se fosse lui ad essere malato.

Ma forse, quella cellula ha ben compreso che, per alimentare davvero il fuoco dell’imparare, è necessario che qualcosa bruci sotto: come la legna per il fuoco, così è la motivazione di chi apprende che fa ardere di desiderio di imparare.

 

alunno scuola

Divergere verso divertirsi

L’invito che vogliamo fare qui alla scuola è quello a una “festa”, quello di considerarsi luogo in cui è possibile divertirsi! Un invito a inventare e innovare, non per rifiutare la storia e recidere le proprie radici, ma per recuperarle, reimmaginare la storia per sviluppare gli aspetti irrinunciabili e ripristinare quelli più trascurati o abbandonati.

Giochiamo, allora, con le parole per trovare una strada possibile.

 

La parola divergere, composta da “di(s)” e “vertĕre «volgere»”, significa muovere in direzioni diverse, volgere altrove.

La parola divertire viene dal latino “divertĕre” e vuol dire divergere, deviare. Deviare da cosa? Da un percorso usuale, solito, obbligato, finalizzato per imboccare, anche se per poco tempo, un altro percorso, un po’ più insolito, trasgressivo, senza scopo.

 

Se seguiamo quello che ci indicano le parole e ammettiamo che la scuola necessita di ripensarsi, cioè di “divertere”, riconosciamo anche il suo bisogno di divertirsi, almeno un po’?

Chissà quanti inorridirebbero al solo pensiero che la scuola possa essere anche un luogo di divertimento o meglio, dove si apprende divertendosi. Eppure, oggi sappiamo bene, anche grazie alle neuroscienze (vedi articolo: “Classe capovolta” e “Oltre le discipline”: come possiamo aumentare il rendimento scolastico?), che quel divertimento è “legna che brucia”, e lo sappiamo anche per nostra esperienza personale, proprio perché è così anche per ciascuno di noi. Chi non ama divertirsi, alzi la mano!

Certamente, famiglie e colleghi hanno bisogno di essere informati, dati alla mano, del diversivo.

Ci possono qui venire in aiuto i dati riportati all’inizio dell’articolo, per evidenziare la situazione critica di partenza e quelli presenti sul sito Indire, Avanguardie Educative, dove sono raccolte 20 idee di innovazione didatticaper rompere l’inerzia e innescare dinamiche di cambiamento e di ‘contagio’ fra scuole”.

Qui in fondo ne proponiamo un paio, di cui vi raccontiamo l’esperienza di alcune scuole. Poi, lo sviluppo di ogni idea all’interno di un contesto scolastico ha prodotto dei risultati ben precisi, raccolti nel sito del Movimento delle Avanguardie Educative.

Proponiamo, allora, alcune idee con cui è possibile divertirsi a scuola.

In fondo, chi ha stabilito che il miglior modo di apprendere è annoiandosi, frustrandosi, soffrendo?

 

bambine scuola

 

L’apprendimento attivo

I metodi attivi rappresentano un modo in cui divergere dalla lezione tradizionale in aula come unico metodo di insegnamento. Ciò che cambia è, soprattutto, il focus dell’attività stessa dell’insegnamento: dai contenuti che devono essere trasmessi e appresi, alla partecipazione coinvolta degli studenti nel loro processo di apprendimento.

Inoltre, con le modalità di apprendimento attivo, recuperiamo le radici della scuola nella storia dei modelli educativi e didattici del passato: da Pizzigoni alle sorelle Agazzi, dalla Montessori a Dewey; da Freinet a Freire; per arrivare a Don Milani e la Scuola di Barbiana, a Mario Lodi e a Malaguzzi.

In questo articolo mettiamo a confronto i metodi attivi di insegnamento con quelli tradizionali, allo scopo di identificarne sia gli elementi caratterizzanti, sia quali siano eventuali vantaggi e svantaggi. Così da avere un quadro chiaro delle situazioni, degli obiettivi e degli ambienti didattici in cui possono essere utilizzati più efficacemente.

METODI DI INSEGNAMENTO

TRADIZIONALI

VS.

METODI DI INSEGNAMENTO

ATTIVI

Docente come “dispensatore di conoscenze” Docente come guida, facilitatore
Trasmissione di conoscenze Costruzione personale di contenuti
Programmi da rispettare Definizione di obiettivi
Presentazione di teorie e concetti Presentazione di istruzioni precise
Acquisizione di saperi come obiettivo   ‘Apprendere ad apprendere’ come finalità
Utilizzo prevalente del ragionamento deduttivo   Utilizzo prevalente del ragionamento induttivo
Memorizzazione delle conoscenze   Ricerca e collegamento di informazioni
Studio individuale Lavoro in gruppi
Esami, verifiche Valutazione formativa

 

Quindi, alunni e insegnanti si divertono o divergono insieme in un coinvolgimento attivo, che si adatta ai personali stili di apprendimento di ciascuno studente.

L’insegnante ha bisogno di fornire indicazioni precise entro cui gli alunni definiscono la loro libertà di movimento, proprio come nel gioco. È importante che sia alunni che insegnanti siano a conoscenza degli obiettivi su cui stanno lavorando e che l’insegnante colleghi tra di loro le conoscenze che emergono dal lavoro di gruppo.

Infine, gli alunni, collaborando in squadra, attivano anche un processo di apprendimento tra pari, solitamente efficace nell’autocorrezione di eventuali errori.

E il gioco è fatto!

 

podcast

 

Esempi e metodi per attuare un apprendimento attivo

Invitiamo qui brevemente ad ascoltare due podcast, in cui vengono raccontate due metodologie di apprendimento attivo tratte da Avanguardie Educative: un progetto di ricerca-azione nato dall’iniziativa autonoma dell’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) del Ministero dell’Istruzione, con l’obiettivo di investigare le possibili strategie di propagazione e messa a sistema dell’innovazione nella scuola italiana.

Puoi ascoltare le idee ai seguenti link:

 

Che cosa ne pensi? Hai mai provato ad attuare metodi di questo genere? Hai avuto risultati?

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Michela è alla guida della Gĕnĕras Foundation Onlus in veste di Presidente Esecutivo, ed esplora gli affascinanti universi educativi sia come mamma che come Edunauta. Cosa detta il passo del suo cammino? L’andare al cuore delle cose e la possibilità di ricominciare da capo ad ogni passo.

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