Quando arrivò sui banchi di scuola, il libro di testo era visto come una risorsa per livellare il sapere tra ragazzi appartenenti a ceti sociali diversi. Nel corso dei decenni, però, il suo utilizzo è stato sempre più vissuto come dogmatico e imprescindibile. L’avvento del digitale è oggi il principale concorrente, perché sfrutta una tecnologia agile e molto familiare ai ragazzi. Dunque, il libro di testo è davvero dispotico?
Limiti e possibilità del libro di testo
Il libro è Re indiscusso della didattica scolastica da circa 200 anni, ma dagli ultimi 30 c’è un altro pretendente al trono, il digitale, che per ora guarda ancora da lontano. Il passaggio dalla carta al digitale rappresenta un punto di riflessione centrale rispetto alla storia presente del testo scolastico. Partiremo però dal passato, facendoci guidare da Pierre Moeglin, sociologo, e Alain Choppin, storico.
Il sociologo descrive il libro di testo, così come si è inteso negli ultimi 200 anni, come qualcosa di più che un semplice strumento didattico, ma come un elemento fondante di costruzione di un sistema socioculturale condiviso: “Contribuisce alla trasmissione dei valori e rappresenta una sorta di filtro attraverso cui guardare ai dati della conoscenza”. Così come avviene per ogni altro medium, possiede implicitamente una certa ambivalenza, è allo stesso tempo conservativo e distruttivo. Può, quindi, proporsi come garante di un assetto istituzionale e rappresentare, dall’altra parte, il potenziale elemento disgregante di un sistema. Appare, quindi, molto rilevante la consapevolezza della funzione che incarna questo oggetto (sia esso cartaceo o digitale) e che, nella pratica quotidiana, tende piuttosto ad assumere un carattere di scelta abitudinaria e non sempre consapevole.
Alain Choppin, invece, è lo storico francese che ha ricostruito le vicende del libro di testo e ha definito le sue quattro funzioni fondamentali:
- la prima è quella “referenziale”, in quanto stabilisce un rapporto tra l’attività delle classi e il programma di studi nazionale. Infatti, l’universalizzazione è anche la prima caratteristica riconosciuta al libro di testo.
- La seconda funzione è quella “strumentale”, che vede il libro come strumento fondamentale per il lavoro del docente.
- La terza funzione, che viene definita “ideologica e culturale”, si lega all’idea di autorialità: cioè, attraverso le pagine di un testo passano valori, punti di vista e posizioni ideologiche.
- E la quarta funzione, infine, è quella “documentaria”: cioè, il libro di scuola si propone come strumento di raccolta di una serie di documenti, che sono fonti primarie di conoscenza.
Pur riconoscendo le funzioni e le possibilità insite nello strumento, nella storia recente il libro di testo è stato anche molto criticato. Negli anni ‘60 il Movimento di Cooperazione Educativa e altri noti esponenti del contesto educativo, come Mario Lodi, iniziarono a criticarlo pubblicamente.
Al libro di testo vengono rimproverati principalmente questi tre aspetti:
- la falsa oggettività dei contenuti e delle tecniche;
- l’irrigidimento della cultura in schemi (a scapito di un coinvolgimento attivo e partecipato degli studenti nella costruzione della conoscenza);
- l’aspetto unidirezionale e impositivo del processo di trasmissione del sapere.
In sostanza, il testo fornisce una serie di risposte già date, che non implicano nessun tipo di ricerca e non sollecitano nessuna domanda. Si passa direttamente alla norma, alla destinazione del viaggio, senza percorrere il tragitto, cancellando la bellezza stessa del viaggio.
Nonostante i suoi limiti, più o meno condivisi, il libro rimane tutt’oggi il Re indiscusso, come mai?
Sicuramente consente di replicare il processo didattico ancora più scelto dalla maggioranza dei docenti nella scuola italiana, rappresentato dalla sequenza: ascolto la lezione dal docente, studio a casa dal libro (con aggiunta di eventuali appunti), dove necessario, con l’ausilio di esercizi di applicazione tratti dal libro stesso e, infine, verifica o interrogazione in classe sui contenuti appresi dal libro. Questa modalità di percepire l’apprendimento, però, non raggiunge i risultati sperati, in quanto, per arrivare ad un apprendimento significativo è necessario che ci sia un processo attivo di costruzione dei significati che devono essere fatti propri da ogni studente, come sottolinea la ricerca in campo psicologico, pedagogico e neurologico.
Il Ministero ha investito da più di 20 anni diversi milioni di risorse economiche, leggi e procedure, in progetti di sperimentazione sull’utilizzo delle cosiddette nuove tecnologie (che ormai non sono più così nuove). La spesa ha sostenuto diversi strumenti e risorse digitali – che diventato presto obsoleti per la velocità con cui si succedono le novità tecnologiche digitali – e ore di formazione per il personale docente, che però si infrangono misteriosamente in risultati non del tutto corrispondenti alle attese. Forse perché la proposta top-down, seguita da relative burocrazie, leggi, circolari e piani attuativi, non è la migliore strategia per proporre un cambiamento? Ma su questo aspetto sembra ci sia ancora molta cecità da parte del nostro caro ‘burocrasauro’.
Infatti, prendendo le fonti di Indire, l’Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca del MIUR, in una indagine del 2018, è attestato che il libro di testo è ancora oggi centrale nella didattica della scuola italiana.
Sempre secondo Indire, però, se le funzioni del libro di testo devono essere garantite, è anche necessario che siano riviste. Oggi, c’è bisogno di una nuova dimensione della conoscenza: una dimensione che sappia valorizzare la varietà dei punti di vista e dei materiali da utilizzare nella didattica. Non è più possibile escludere dalla didattica la ricchezza dell’informazione che è resa disponibile dal web. Tant’è che la maggioranza degli attuali testi scolastici è anche fornita di supporti digitali per permettere ai ragazzi di accedere a fonti e risorse che sono presenti nel web.
Costruzione partecipata di conoscenze
Come modificare, quindi, la genetica della scuola dal suo processo trinitario lettura/spiegazione – esercitazione/studio – interrogazione/verifica?
Voglio rispondere alla domanda, non con teorie e analisi sociologiche o psicopedagogiche, ma con alcune risposte concrete bottom-up.
Premetto solo che rispetto al tempo in cui la metodologia trinitaria è nata e si è sviluppata, il contesto sociale è molto cambiato e così pure le caratteristiche degli studenti. Le differenze tra alunni sono molto più accentuate rispetto agli ambienti socio-familiari di provenienza, alla cultura, alla lingua, agli stili di vita, al background cognitivo ed esperienziale, ai modi di apprendere, agli interessi e alla motivazione.
La prima risposta degna di nota è quella della produzione da parte dei docenti di risorse didattiche digitali, che ha trovato un’interessante esperienza nella costruzione della rete ‘Book in Progress’ . Un’idea promossa e portata avanti dall’ IISS E. Majorana di Brindisi, dove vengono messi in rete materiali didattici sostitutivi dei libri di testo, scritti dai docenti della rete nazionale per gli Istituti di primo e secondo grado. Il progetto è caratterizzato da un coinvolgimento attivo dei docenti nella creazione dei contenuti didattici e dal coinvolgimento attivo degli studenti nel processo di apprendimento. Il contenuto multimediale, off line e on line, contiene mappe virtuali, video lezioni create dai docenti, video, elementi di realtà aumentata e tanto altro che agevola l’apprendimento degli studenti con didattica inclusiva. Tutte le scuole del circuito nazionale possono aderire alla Rete; infatti, si sono uniti nel tempo altri Istituti scolastici: pochissimi considerando il numero complessivo delle scuole, ad oggi una ottantina, ma comunque significativi.
Il processo prevede che lo studente sia guidato dal docente nella costruzione dei testi e richiede lo sviluppo di capacità di lettura e analisi, di costruzione di un linguaggio disciplinare adeguato, di uno sforzo continuo di negoziazione da parte della classe, di capacità di ricerca e discriminazione delle fonti. Il tutto possibile grazie alla guida sapiente del docente e alla flessibilità, malleabilità e ricchezza di contenuti offerte dal web. Attraverso l’attività di produzione del testo, lo studente partecipa attivamente alla costruzione della sua conoscenza, è motivato, responsabilizzato e gratificato. Così il libro di testo diventa un ‘filo rosso’ che indica una traccia, un punto di partenza, un riferimento da cui trarre spunto e, infine, una produzione conclusiva, un manufatto autoprodotto e condiviso. Per mantenere la metafora dell’articolo, il libro di testo passa da Re dispotico a rappresentate democratico di un processo compartecipato.
‘Book in progress’ rappresenta un esempio virtuoso di come sia possibile implementare l’idea ‘Integrazione CDD/Libri di testo’: un progetto di integrazione del digitale nella didattica che sfugge alle dinamiche ministeriali top-down, in quanto all’interno del Movimento delle Avanguardie Educative, che individua e promuove progetti scolastici di tipo bottom-up. Importante sottolineare come nelle prime linee guida per l’implementazione dell’idea sul sito delle Avanguardie Educative risulta che le scuole aderenti alla Rete hanno ricevuto restituzioni positive dalle prove INVALSI sotto diversi aspetti: cognitivi, socio-relazionali, comunicativi, tecnico-didattici, organizzativo-gestionale.
Un’altra proposta del Movimento delle Avanguardie educative di costruzione partecipata della conoscenza consiste nei ‘Laboratori del Sapere’. l ‘Laboratori del Sapere Scientifico (LSS)’ rappresentano una opportunità di apprendimento per tutti gli alunni, basati su una metodologia fondata sul:
- rinunciare all’illusione di un insegnamento enciclopedico per concentrarsi sui “saperi essenziali”, cioè sui saperi fondamentali in ciascuna disciplina e, contemporaneamente, adeguati alle capacità cognitive degli alunni nelle diverse età (Approccio fenomenologico-induttivo, né libresco, né sistematico-deduttivo);
- progettare percorsi operativi concreti individuando le attività da svolgere con i ragazzi e le richieste da rivolgere loro, scegliendo e costruendo i materiali didattici più opportuni (Percorsi su esperienze, non successione casuale di esperimenti);
- sollecitare atteggiamenti di problematizzazione sui fenomeni osservati che conducano alla formulazione di ipotesi e all’introduzione di elementi di concettualizzazione (Introduzione di elementi di teorizzazione / concettualizzazione).
Così, come tratto dal sito web di una delle scuole aderenti alla Rete.
Dall’esperienza di alcune scuole della regione Toscana, è nata così un’altra rete, la Rete delle Scuole dei Laboratori del Sapere Scientifico (Rete LSS), che nasce nel 2014 su iniziativa di 22 istituti scolastici di ogni ordine e grado della Regione. Oggi la Rete conta oltre 90 istituzioni scolastiche aderenti. I suoi obiettivi sono il consolidamento e la diffusione delle pratiche innovative sperimentate dalle scuole che hanno costituito i Laboratori del Sapere Scientifico e la disseminazione del modello LSS in tutto il territorio regionale. A partire dal 2013, i percorsi didattici realizzati e documentati dai gruppi docenti LSS vengono inseriti ogni anno all’interno della Piattaforma LSS WEB, per essere valutati dal Comitato Scientifico. In caso di valutazione positiva, i prodotti vengono pubblicati nella pagina dedicata, al fine di diffondere e condividere le buone pratiche tra le scuole della Rete LSS e avvicinare le scuole che vogliono approfondire e sperimentare il modello LSS, le quali possono accedere liberamente a tutti i prodotti validati. Vengono selezionati e condivisi percorsi didattici dove sia chiaramente individuabile lo sviluppo concettuale e l’approccio metodologico, corredati da una selezione dei prodotti delle attività svolte dagli alunni, scelti in modo tale da far comprendere i processi di costruzione della conoscenza.
Puoi approfondire le due idee menzionate nell’articolo ascoltando seguenti episodi podcast:
Quale idea ti sei fatta sul libro di testo? È uno strumento che in futuro verrà visto più autoritario che autorevole e potrebbe essere rimpiazzato? Scrivicelo nei commenti.
Riferimenti bibliografici:
– Moeglin P. (2005). The Textbook and after… In E. Bruillard, B. Aamotsbakken, S.V. Knudsen & M. Horsley
(eds.), Caught in the Web or Lost in the Textbook?. Iartem – Eighth International Conference on Learning
and Educational Media. (https://iartemblog.files.wordpress.com/2012/03/8th_iartem_2005-conference.pdf)
– Chopin, A. (2005). Le Manuels scolaire. Quels choix pour quells usages? Approche histrique, Savoir Livre
– Lodi M., Il paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica, Einaudi, Torino, 1970
Tamagnini G. (a cura di), Didattica operativa. Le tecniche Freinet in Italia, MCE, Frontale 1965